Il piccolo merlo
Trovo un piccolo uccellino, troppo piccolo per poter volare, con ancora un accenno di coda e delle piume simili a batuffoli d’ovatta, rannicchiato in silenzio in un angolo dell’androne delle scale. È in silenzio, perché impaurito o convinto di essere in salvo, forse.
“Cos’è? Uno storno?” Ci siamo chiesti.
Ne avevo portato uno adulto con una zampa rotta alla LIPU, una volta. Sottratto appena in tempo in giardino dalle grinfie di Oreste, il nostro gatto.
Forse è un merlo, ma non dovrebbe avere il becco giallo? Il suo è scuro.
Comunque è troppo piccolo per mangiare da solo ed è pure domenica. In attesa di trovare del cibo adatto a lui, intrufolo, forzando l’apertura del becco, qualche briciola di cereali e del pane ammollato d’acqua. Lui non fa resistenza, continua a starsene in silenzio, gli occhietti spalancati. A un tratto, alza la testa e comincia a fischiare forte, rivolto al cielo, restiamo stupefatti che una cosina così produca un suono talmente acuto.
Che tenerezza!
Portalo alla LIPU…
Tienilo con te…
E se poi?
La coscienza gioca a palla con i suoi dati, e l’emotività ne estrae uno che le è più congeniale.
Per adesso approntiamo una specie di nido dentro la gabbietta del nostro gatto, davanti alla finestra aperta della cucina e lo lasciamo solo.
Un’ora dopo la mia vicina mi avverte che ha visto un uccello entrare dalla finestra della cucina. Faccio appena in tempo a vederlo volar via: un uccello scuro salta veloce superando le grate della finestra e scompare tra i rami degli alberi del cortile mentre il piccolo merlo continua a pigolare forte.
È ricomparsa poco dopo, il merlo mamma, nera con il becco giallo che serra tra il becco penzoloni un lunghissimo lombrico. Nonostante gli umani abbiano rinchiuso in una gabbia e contaminato il suo piccolo con il loro odore, si è introdotta nella loro casa, sfidando ogni pericolo, per accudirlo.
Siamo andati in un negozio di animali e abbiamo comprato il mangime per il piccolo merlo, se la mamma non riesce a trovargli cibo a sufficienza lo imbocco io, mi sono detta.
Però. poi, una volta a casa ci ho ripensato. Ho inumidito il mangime con l’acqua e l’ho lasciato dentro una ciotololina fuori la gabbia, è possibile che la mamma lo utilizzi, d’altronde deve essere lei a prendersene cura.
Insomma, è andato come previsto. Lei è arrivata e dopo averlo imboccato con una farfalla, delle ali bianche fuoriuscivano dal suo becco, si è accorta della ciotola.
Oltre a sfamare il suo piccolo, ne ha spilluccato un po’ prima di volare via. Siamo usciti di corsa fuori per controllare dove andava e l’abbiamo vista planare su un albero e scomparire in mezzo al fogliame.
Ci deve essere il suo nido lì con gli altri suoi pulcini. Ecco da dove è caduto il piccolo merlo. Quanta strada ha fatto per giungere sano e salvo dentro il nostro portone…
Due giorni fa il piccolo merlo è evaso.
Proprio così, l’ho riacchiappato per caso.
Il giorno del suo arrivo avevamo notato che essendo le griglie della gabbia molto ravvicinate la madre aveva difficoltà a trasferire il cibo nel becco spalancato del piccolo, così avevamo eliminato alcune barre sul tetto e sui lati.
“È troppo grande per introdursi in quelle fessure, rischierebbe di ferirsi se tentasse.” dico al mio compagno, ma lui replica, “Se passa la testa ci passa tutto il corpo, è un fatto fisico!”.
Aveva ragione.
Di ritorno da una breve passeggiata abbiamo trovato il piccolo merlo sul tetto della gabbia. Era esausto. Chissà quante volte aveva tentato di infilarsi tra le barre, distendendo le zampette sulla stecca che attraversa la gabbia, protendendo il corpo in su, fino allo stremo delle forze, prima di riuscire a intrufolarsi e uscire. L’ho raccolto delicatamente tra le mani e a malincuore l’ho riportato in la gabbia. È troppo presto per lasciarlo libero.
La mattina seguente, saltellava fischiettando, la madre è arrivata con del cibo per lui.
Un po’ di tempo fa avevo letto che i merli sono abili imitatori dei diversi canti degli altri uccelli, possono riprodurre i suoni alla perfezione. Durante la cena ho provato a fischiare, il piccolo merlo ha subito risposto. Poteva essere una coincidenza, allora ho fischiato di nuovo e lui ha risposto ancora.
Da quando sta in casa con noi non abbiamo mai cercato di avvicinarci troppo a lui, il minimo indispensabile: pulire la gabbia, cambiare il cibo e l’acqua all’esterno, per limitare d’influenzare troppo la sua natura selvaggia.
Giovedì il piccolo ha beccato qualche residuo di mangime caduto dalla bocca della madre. Era maldestro, non sincronizzava perfettamente l’apertura e la chiusura del becco ma il fatto che stesse tentando di beccare significava che a breve avrebbe imparato. In poco tempo si sarebbe nutrito da solo e quando le sue ali sarebbero state abbastanza forti avrebbe spiccato il volo.
Ieri, venerdì, mentre lavoravo davanti al computer, mio figlio dalla cucina mi dava notizie del piccolo. “Mamma, oggi sembra contento, vieni a sentire come fischia… dai, vieni qui, rispondigli.”; “Mamma è arrivata la madre…”
Sono uscita di casa poco dopo con il mio compagno, mio figlio aveva la scuola online ed è stato chiuso nella sua cameretta per tutta la mattina. Quando siamo rientrati in cortile c’era il furgone dei giardinieri che di solito usano per fare le disinfestazioni dalle zanzare o dai ratti. La disinfestazione era previstadue due giorni dopo.
“Abbiamo finito adesso”, risponde con imbarazzo il giardiniere.
Corriamo a casa. Le finestre della cucina che si affacciano sul cortile sono spalancate, siamo al piano terra.
Appena entrati abbiamo avvertito subito l’odore di insetticida, sempre più intenso mano a mano che ci avviciniamo alla cucina. Il piccolo merlo ritto sulla stecca di legno, guarda fuori la finestra, gli occhi leggermente socchiusi, sembra assonnato. Chiudiamo le finestre, puliamo la sua gabbia, cambiatmo l’acqua, il mangime…
A pranzo mio figlio mi ha domandato di fischiare e il piccolo merlo ha risposto, seppur soltanto una volta. Continuava a starsene sulla stecca con gli occhi semi aperti. La madre è tornata verso le quattro, un volo attorno alla gabbia ed è scomparsa.
Ho continuato a lavorare, ma in modo distratto, un continuo avanti e indietro dalla mia camera alla cucina, ormai silenziosa.
Poi, ad un tratto, c’è stato un tonfo ovattato. Era lui, il becco riverso sul pavimento della gabbia. “Cos’hai piccolino?” L’ho preso tra le mani. “Che succede?”
Sdraiato sul palmo della mia mano, ancora caldo, gli occhi semi aperti. Qualche goccia d’acqua scivola via dal suo becco serrato. “Su piccolino, forza!” lo accarezzo con un dito, cercando di bagnargli il becco, “forza…”. Ha sgranato gli occhi e si è spento. Probabilmente ce l’avrebbe fatta, sarebbe volato insieme ai suoi simili se non fosse stato avvelenato.
Ci difendiamo dalle zanzare, dai ratti, da ogni generi d’insetti e abusiamo di veleni come se fossero profumi che ingentiliscono i cattivi odori del nostro mondo.
Abbiamo riposto il piccolo merlo in una delle nostre scatole più belle. Era lì, in soggiorno, con il coperchio aperto, in attesa che mio figlio tornasse a casa. Il giorno dopo l’abbiamo seppellito in giardino.
Lo stesso giorno di un sole pallido, appena accennato, lei è saltata dentro la nostra cucina, senza paura. Avevamo lasciato la ciotola con il mangime sul piano cottura davanti alla finestra e la mamma del piccolo merlo ha cominciato a mangiare.
Sono tre giorni che torna a farci visita.
Il papà del piccolo merlo a rallentatore!
Non sapevo nulla sui Merli e mi è venuto un dubbio qualche giorno fa. E se il merlo che ho scambiato per la mamma del piccolo fosse suo padre?
Era stato spontaneo pensare che fosse una femmina, sono duemila anni che ci impongono dei ruoli, che ahimè ancora non sono del tutto superati.
Ma in natura non è sempre la madre a nutrire e accudire i piccoli.
Ho fatto una breve ricerca su internet e ho scoperto che il merlo maschio è nero con il becco arancio mentre la madre è diversa.
Eccola la mamma del piccolo merlo insieme al papà!
All’inizio cercavamo di non spaventarli, appena avvertivano un rumore o un movimento scappavano poi, a poco a poco, hanno iniziato a prendere confidenza con noi umani.
Oggi è accaduto un fatto straordinario.
Il mio compagno è in cucina che sparecchia la tavola. Sente un fruscio, si volta, e intravede la merla far capolino tra le foglie di basilico. Lo guarda insistentemente e apre un varco con il corpo per mostrarsi meglio. Poi prende ad aprire e chiudere la bocca più volte senza emettere suoni.
“Perchè fa così? ” si chiede il mio compagno.
La merla continua a aprire e chiudere la bocca.
Quando lui si avvicina nota che la ciotola è vuota. La merla è planata, intanto, sul marciapiede sotto la finestra. Sembra in attesa.
“Possibile? Ha espresso a suo modo di essere affamata? Il mio compagnoi è basito, non riesce a crederci. Un animale selvatico, un uccello, ha tentato di comunicare con lui.
Riempie, allora, la ciotola e ne getta un manciata verso di lei. “È pronto!” le dice, toccando leggermente le grate della finestra con la ciotola. In un attimo la merla è lì che mangia. È restata a osservarlo mentre sparecchiava e preparava il caffé.
Abbiamo deciso di chiamarla Stella.
Stella arrivava ogni giorno, apriva e chiudeva il becco in silenzio quando la ciotola era vuota. Era diventata una presenza costante.
Poi siamo partiti per una breve vacanza. Avevamo lasciato un contenitore pieno di mangime ma quando siamo tornati era quasi pieno, sul davanzale avanzi vecchi di cibo, del guano. Che fine avevano fatto i merli?
Forse perché abbiamo spostato tutte le piante dal balcone, o perché la casa era vuota, forse era la nostra presenza ad attrarre soprattutto la nostra Stella.
Sentiamo già la sua mancanza.