Lui, sulla sinistra, è un corvo imperiale molto più piccolo di quello che ho incontrato alla LIPU. Le foto del corvo della LIPU sono andate perdute con il mio cellulare in fondo al Tevere, ma questa è un’altra storia.
“Ciao…” lo saluto - niente passerottino stavolta - e il corvo mi lancia un’occhiata torva. Muove la testa dal basso verso l’alto, come se mi stesse esaminando, e io resto in silenzio, immobile, osservo le sue reazioni.
Di primo acchito dà l’impressione di essere del tutto sano. Il pelo lucido, lo sguardo vigile, le zampe integre.
È in ottima forma. Perché allora non lo liberano?
“Una faccenda un po’ complicata”, mi spiega la responsabile, “il corvo è con noi da quattro anni. È giovane e sano, ma è sempre vissuto in cattività. La mamma lo ha partorito in gabbia. Non è in grado di procurarsi il cibo da solo, se lo liberiamo morirebbe, nessuno glielo ha insegnato.”
”
Dove lo avete trovato?”
“Ce lo ha consegnato la polizia dopo averlo sequestrato a una famiglia di mafiosi.”
La faccenda diventava intrigante.
Durante una retata nella casa di un capo di una banda criminale, tra le varie cose sequestrate c’era un corvo imperiale di nome Lollo rinchiuso in una gabbia. Il processo era ancora in corso, il capo era stato accusato di cattura e detenzione di fauna selvatica oltre che di partecipazione ad associazione mafiosa, riciclaggio, detenzioni di armi…
Essendo una prova vivente, il corvo era in consegna alla LIPU fino a chiusura del processo. Lollo era stato concepito in gabbia, sua madre era morta dopo un anno e al momento del sequestro aveva due anni. La polizia lo aveva trovato in buone condizioni, ben nutrito, senza evidenti segni di maltrattamenti fisici. Purtroppo, però, la sua forzata reclusione l’aveva menomato a vita.
“Sara è pericoloso, Lollo è molto aggressivo, potrebbe staccarti una mano con un morso, devi stare attenta”, mi avverte la responsabile quando per l’ennesima volta le chiedo di potermi occupare di Lollo.
Mi presento di fronte al corvo armata di un tubo dell’acqua, una scopa e una ciotola con della carne in scatola. La scopa mi aiuterà a trascinare il più in fretta possibile il contenitore del cibo fuori dalla gabbia.
Ecco cosa scrivo nel taccuino sul mio primo incontro con Lollo:
“24 settembre 2016
Oggi ho accudito Lollo per la prima volta, ho continuato a parlargli tutto il tempo.
“Se infilo il dito me lo stacchi, vero? Mi hanno detto di stare attenta con te, che sei imprevedibile.”
Il corvo mi fissa, impettito su un’asticella, con la testa piegata da un lato. Gli porgo un bastoncino e in un attimo lo riduce in poltiglia, quasi a mostrarmi quale tremenda fine poteva subire il mio dito.
“Ti ho dato da mangiare, ho pulito la tua gabbia…”
il corvo prima ingurgita iil rametto, poi si avvicina alla grata della gabbia e torna a fissarmi con la testa piegata come prima. Lo sguardo minaccioso. Quanto vorrei accarezzargli quella testa.
“Sarai poi così cattivo come dicono?"
Parlo parlo parlo, avrà senso rivolgere la parola a un pennuto? “
Alla LIPU vengono utilizzati anche dei pulcini di gallina morti per nutrire i rapaci, sono scarti donati da alcuni produttori di uova.
Lollo ne va ghiotto e io ne approfitto per conquistarmi la sua fiducia.
“Ehi, bello, guarda che ho?” Un pulcino congelato pende dalla mia mano.
L’ho preso da un mucchio in una scatola di plastica all’interno di un congelatore.
Lollo zampettando sull’asticella si avvicinana alle grate della gabbia. Il tempo di lanciargli al volo il pulcino se lo divora in un baleno.
“Ecco, sei contento? Ci vediamo la prossima settimana!”
Va avanti così per altri quattro incontri. Gli pulisco la gabbia, sostituisco il cibo, continuo a importunarlo con le mie parole, gli lancio al volo l’ennesimo pulcino congelato.
“Se allungo una mano e ti accarezzo la testa, tu me la stacchi, vero?”
Pochi minuti dopo la sua testa è addossata alla grata della gabbia, ciuffi di penne sporgono fuori.
Il mio cuore batte all’impazzata. Ma è lo stupore, la gioia, l’entusiasmo che prevalgono mentre gli accarezzo la testa e lui resta fermo senza reagire. Emozioni che insieme al suono delle miei parole, alla mimica, al modo di guardare, agli odori del mio corpo, hanno stabilito una relazione toccando delle corde puramente istintive.
Due animali di specie diversa che si incontrano.
È ovvio, io sono in vantaggio rispetto a lui, se fosse libero mi avrebbe ignorato, e il fatto di aver avuto contatti con umani per tutta la sua vita mi ha avvantaggiato ulteriormente.
Avrebbe comunque potuto staccarmi una mano, ma non l’ha fatto.
Avrà senso rivolgere la parola a un pennuto? mi chiedevo sul mio diario.
Loro gracchiano, noi parliamo.
Ho smesso di lavorare come volontaria alla LIPU un mese dopo. Non ho più visto Lollo ma, poco tempo fa, ho chiamato per avere sue notizie.
Una giovane voce femminile mi informa che il corvo è di nuovo a casa sua.
Dopo il processo la targhetta identificativa è stata riconosciuta come legittima. L’accusa, quindi, di appropriazione indebita di un animale selvaggio,
considerato furto aggravato ai danni dello Stato, è caduta.
Una versione completamente diversa dalla prima.
“E l’intricato e annoso processo contro la famiglia e il capo mafioso?” replico. “Quale mafioso, io non so nulla?”